Nightguide intervista Tutte Le Cose Inutili

Nightguide intervista Tutte Le Cose Inutili

Esce il 26 Gennaio per Black Candy Records“Non ti preoccupare”, il nuovo lavoro di Tutte Le Cose Inutili.
Registrato a tre anni di distanza dal precedente disco, con cui condivide la presa diretta, tecnica che rendesse su disco l'idea del live, della dinamica e dell'interplay tra chitarra e batteria che caratterizza i loro concerti, si differenzia invece da esso per la tematica, diversa e, per certi versi, opposta a quel tema di “Dovremmo essere sempre così” che paragonava la loro vita tra le autostrade e i palchi e il loro sogno a un gioco di bambini. “Non ti preoccupare” è una presa di posizione, uno sguardo disincantato, una voce morbida e insieme dura che dice che siamo tutti coinvolti, che non c'è più ingenuità ma cattiveria ed egoismo da sconfiggere insieme. La risposta è in un gesto semplice, è nel conforto di una mano che tiene stretta un'altra mano.
“Non ti preoccupare”, è un esempio chiaro e definito della loro idea di musica, del loro cantautorato punk che li caratterizza e li sta facendo conoscere in giro per la penisola. Tante parole importanti figlie del nuovo cantautorato italiano cantate, parlate e urlate sopra un tappeto musica diretto e incisivo di chitarre e batteria. Nessun campionamento, musica suonata e registrata in presa diretta per non sminuire e bloccare la loro irriverenza e la loro genuinità.
 
Li abbiamo intervistati.

 
 
Ciao ragazzi, il 26 Gennaio uscirà, per Black Candy Records, “Non ti preoccupare”, il vostro nuovo disco.
Come nasce questo lavoro?
 
Nasce nel momento in cui ci siamo fermati dopo tre anni no-stop su e giù per l'Italia dove avevamo giusto il tempo, e non sempre, di lavare le maglie a casa dopo una settimana in giro.  Ci ho messo dentro tutto ciò che abbiamo raccolto in questo pezzo di vita sopra e sotto i palchi. Ci sono canzoni o meglio giri di chitarra e singole frasi che mi giravano in testa da tempo, ma sono nate tutte in un paio di mesi, dopodiché è iniziato un lavoro di cesello continuo, di aggiustamento, di abbellimento.

 
Come e quanto si differenzia rispetto al precedente lavoro?
 
Noi lo vediamo come un disco più maturo, che suona meglio, dove ogni singolo brano è perfettamente incastrato nel contesto. Penso che “Non ti preoccupare” sia il miglior concentrato possibile, al momento, di noi due.

 
Ci sono brani registrati totalmente live, oltre alla quasi onnipresente presa diretta; da dove proviene questa scelta?
 
La nostra forza è il live, dove chitarra e batteria viaggiano incollate l'una sull'altra, rallentando, velocizzando a seconda della tensione del pezzo. Impossibile per noi, almeno in questo momento, ingabbiare queste canzoni dentro uno schema, una griglia e un tempo preciso e anonimo.

 
Il brano che è stato più difficile da scrivere?
 
Luce e notte fonda era, fino a pochi mesi prima di entrare in studio, un'altra canzone, in tre quarti. Sapevamo che non funzionava, che c'era qualcosa di strano. Su questa canzone, e non ci era mai capitato prima, c'è stato un lavoro di taglia e cuci, di tentativi, di spostare intere parti, di provare a cantare in modo diverso. Fino al risultato finale che l'ha resa una delle mie preferite, grazie anche alle seconde chitarre bellissime di Alberto Mariotti.



Quello che invece è nato in modo quasi spontaneo?
 
Vammi a fondo è nata e finita nel tempo che dura la canzone. Succede poche volte, ma sono dei momenti spettacolari che chiunque ricerca in eterno. Un foglio bianco, e la penna che da sola va a comporre strofe e ritornelli che tu puoi solo osservare e incominciare a cantare.

 
Siamo curiosi: quali sono gli artisti - e i dischi - che vi hanno ispirato alla carriera da musicisti?
 
Tutti quelli che secondo me hanno avuto e hanno qualcosa di sincero da dire e da raccontare, che incollano la mia attenzione alla loro voce. I Massimo Volume, gli Offlaga Disco Pax, Diaframma, Flavio Giurato. E molti altri.

 
E quindi il disco che avreste voluto scrivere?
 
Io direi Cattive abitudini dei Massimo Volume e, quasi opposto, I Moralisti degli Amor Fou.

 
Che ne pensate della scena indie italiana e al suo ''tradimento'' pop più recente?
 
Penso che se persone totalmente estranee a certi generi, luoghi, band si siano avvicinate a questa scena, non può che essere una buona cosa per tutti. Nel precedente disco c'è una canzone “Promoter” che parla appunto di questo, dell'atteggiamento critico che hanno certe persone quando si vedono spodestati dal fatto di essere gli unici a conoscere quel gruppo. Dice “La tua musica di nicchia che se l'ascolti solo te è un capolavoro, se l'ascoltano in cinque è niente male, se l'ascoltano in cento è moquette”. Chiaramente ognuno dovrebbe rimanere se stesso, scrivere e cantare ciò che davvero sente, ciò che è. Se no, a parer mio, non vale.

 
Come vi vedete come band tra 5 anni?
 
E chi lo sa, già è difficile immaginare come sarà accolto questo disco, quanto suoneremo e tutta un'altra serie di enigmi. Speriamo di poter continuare a fare questo, cantare le cose inutili, essere un riparo per chi lo cerca. Sicuramente ci guarderemo indietro con soddisfazione e avanti con speranza.

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