Nightguide intervista i Fitzcataldo

Nightguide intervista i Fitzcataldo

Anticipato dalle note malinconiche e sognanti di “I won't be watching”, il 28 ottobre 2016 è uscito in vinile e digitale “Fitzcataldo”, seconda prova discografica omonima della formazione milanese
Il disco è composto da quattro nuovi brani in cui  i Fitzcataldo esplorano nuovi percorsi sonori che delineano paesaggi musicali prima inesplorati, meno dilatati a livello di tessitura musicale e volti a delineare strutture sonore che col tempo si sono avvicinate sempre più alla forma canzone nella sua accezione più classica, lasciando le improvvisazioni e le parti prettamente strumentali alla dimensione live.
Questo è un lavoro raffinato, un piccolo tesoro carico di contaminazioni, omonimo perché fortemente rappresentativo dell'attuale dimensione creativa della formazione, nuovo step verso future composizioni.
Nightguide ha intervistato i Fitzcataldo per voi.
 
Innanzitutto, come vi presentereste?
 
Fitzcataldo è un trio ed un progetto rock indipendente, nato e cresciuto nei pressi di Milano, dal 2013. Il genere che facciamo non è e non è mai stato di facile descrizione, anche se dovrebbe essere di facile ascolto. Sperimentiamo e tentiamo di fondere insieme tante ispirazioni molto diverse, quelle più forti e riconoscibili vengono dal post-rock e dal rock indipendente inglese. C'è di sicuro anche molto amore per il funk ed il soul in quello che facciamo. In ogni caso scriviamo, produciamo e suoniamo delle canzoni cantate in inglese, anche se lasciamo molto spazio alle parti strumentali.
 
E' da poco uscito ''I won't be watching'', il primo singolo: da dove proviene la scelta di questo pezzo?
 
È un brano che racchiude aspetti del primo disco rivisitati in chiave più matura. La chitarra principale viene accompagnata da linee di sottofondo molto riverberate ed ariose, e nella prima parte da un basso che rimane su note acute per poi entrare ed aprire il ritornello. Sul finire, la canzone si conclude con una coda che potrebbe ripetersi all'infinito. (un ottimo pretesto per variazioni ed improvvisazioni, nei nostri live)
Abbiamo voluto giocare sul fatto di mantenere un tempo sospeso, disorientato fino all'ingresso di tutti gli strumenti, che nell'insieme danno vita ad un beat in quattro quarti, su una melodia che nasce in terzinato.
Lo abbiamo scelto come singolo perché è il brano meglio riuscito del nuovo lavoro in studio. All'interno è facile trovare i passaggi armonici con i quali siamo abituati a giocare ormai da qualche anno.
 
Come è stato registrare questo EP?
 
Questo EP è un lavoro in cui abbiamo voluto affinare la qualità della produzione, dell'esecuzione e dei suoni, mantenendo la collaborazione con lo stesso produttore/tecnico (Francesco Altare) con cui abbiamo lavorato anche al primo disco. Francesco ha fatto un lavoro eccelso, tra di noi invece abbiamo dovuto fare compromessi su molte scelte.
Se nel primo disco avevamo sperimentato tante idee molto diverse tra loro, adesso ci stiamo dirigendo verso una musica che ci identifichi un po' di più.
Questo lavoro comunque è il punto di partenza per prendere direzioni più nette, è servito a farci capire cosa fare e cosa non fare nei prossimi mesi, e dove spingere il progetto in futuro.
 
Quali sono i temi che volevate affrontare e quelli eventualmente emersi durante la composizione?
 
La nostra musica è sentimento e vuole suscitare nell'ascoltatore emozioni, sensazioni, pensieri, ricordi o sogni, tramite ritmiche e melodie. Le parole stesse sono ispirate dalla musica, prendono vita per immagini. Le sensazioni sono in questo senso il vero tema.
Nel primo disco in questo modo erano usciti dei testi simili nello stile e nella forma, prendendo spontaneamente questa direzione, in verità però molto differenti nei contenuti: alcuni raccontavano immagini o situazioni strane, altri erano di ispirazione amorosa o erotica, spesso molto ironici, altri ancora evocavano immagini oniriche.
In questo EP siamo ripartiti da questi ultimi e sono emersi dei versi molto più sentimentali. Il senso è comunque che le parole lascino spazio all'immaginazione, al sogno ed all'evasione dettate dalla musica.
 
Dal punto di vista delle influenze artistiche: quali artisti vi hanno ispirato e quali avete ascoltato in questo periodo?
Da un lato c'è Claudio (il batterista) che è fortemente legato a generi e gruppi "d'annata" di stampo anni 70-90, sul funky e sul rock, dall'altro invece ci sono Stefano e Lorenzo (il primo, bassista e cori, l'altro chitarrista/cantante) le cui ultime ispirazioni sono un po' tutte accomunate dalla presenza di motivi, suoni o caratteristiche che vengano percepite come attuali ed interessanti. Per la produzione di questo lavoro in particolare sono stati Anna Calvi, Bon Iver, James Blake, Suuns, Tycho, Tamaryn.
Comunque ricerchiamo molto e facciamo di tutto per avere riferimenti consapevoli e sempre nuovi stimoli, siano produzioni recentissime o passate, di nicchia o pop.
Poi, certo, ognuno di noi ha un suo stile che nasce dalle proprie esperienze personali, e quindi c'è chi di noi a queste sonorità attinte accosta un'attitudine più rock, o più pop/blues o più soul.
 
Il vostro cantato è in inglese, per molti visto come la lingua più ''facile'' per il rock: avete mai pensato a scrivere testi in italiano?
 
Ovviamente abbiamo nelle orecchie, come tutti, il cantautorato italiano, cosa da cui pochi in Italia penso possano prescindere. L'uso dell'inglese è solo una scelta dovuta ai nostri riferimenti musicali e quindi alle ritmiche spontanee del cantato.
Come già detto abbiamo scelto di fare le liriche a posteriori proprio perché venga prima creata la melodia e poi il testo di conseguenza. È molto bella la forza che assumono con l'interpretazione le parole nate in questo modo. Per curiosità, i testi sono stati scritti sfogliando riviste indipendenti di moda in inglese: attingendo dalle frasi degli articoli, dalle parole o descrivendo le fotografie su cui l'occhio cadeva interessato sono stati scritti dei versi, e da lì composti dei testi.
 
Com'è a vostro parere l'ambiente musicale italiano oggi?
 
L'impressione è che l'ambiente indie così come l'industria musicale sia in difficoltà tutta, ed anche in veloce evoluzione. La cosa positiva è che tutto è in discussione. Quindi in teoria ci sono tantissime possibilità per pubblicare bei prodotti (in teoria...).
É bello poi che l'attitudine indipendente resista, magari cambiando forma e generi.
Vediamo che l'ambiente dell'indie tradizionalmente inteso, quello a cui apparteniamo della "musica suonata", sembra un po' fossilizzato su distinzioni, generi e clichet del decennio scorso. Noi stessi ne siamo purtroppo influenzati.
Ma siamo ottimisti e crediamo che presto si svecchierà tutto, c'è tanta musica nuova e bellissima in giro per la penisola.
 
Con quali artisti sognate di collaborare?
 
Stefano: rimanendo con i piedi per terra, senza andare nel fantascientifico, io direi con gli Hermit o con i Krang, che sono persone che live suonano con una strumentazione elettronica notevole e penso siano band molto interessanti. Sono attratto dai loro suoni curati e dalle loro scelte stilistiche (parlo di entrambi, sebbene facciano generi diametralmente opposti), in particolare mi piacerebbe trovare un po' di tempo per sviluppare qualcosa dove poter dare più spazio alla mia voce, manipolandola, un po' come fa Rip dei Krang.
 
Claudio: io diversamente da Stefano sogno in grande (ahahah), mi piacerebbe poterci affiancare ad una band del calibro dei Cymbals Eat Guitars (con cui abbiamo già condiviso il palco del Magnolia l'anno scorso) e poter fare un tour su scala europea. Il mio obiettivo è quello di suonare il più possibile!
Lorenzo: non saprei scegliere, vado sul fantascientifico: Brian Eno, Beck, Bonobo, Jamie degli XX, Erikah Badu.
Avete fatto molte attività Live; qual è stata la più memorabile?
 
Sì, fortunatamente in questi anni abbiamo avuto modo di condividere il palco sia con artisti di alto livello o comunque professionisti, sia con amici che come noi ce la mettono tutta per cercare di fare qualcosa di innovativo, rimanendo nella scena underground. Forse tra le più memorabili quella con i Cymbals Eat Guitars al Magnolia, e poi la serata all'Arci Acropolis della presentazione del nostro primo disco, perché avevamo suonato i pezzi con gli artisti che avevano dato il loro contributo nelle registrazioni in studio. Anche le serate che abbiamo fatto all'Honky Tonky di Seregno sono sempre state una bomba, una volta con gli Alvarez Kings e l'altra con i 2Pigeons a carnevale, l'atmosfera era stata bollente in entrambi i casi. E poi le immancabili edizioni del Pork'n'Roll, in particolare l'ultima nella quale abbiamo suonato con, e conosciuto, i We Are Waves e i ThreeStepsToTheOcean.
Progetti per il futuro?
 
Questo è un momento dove preferiamo non sbilanciarci troppo e cogliere quello che arriva dal presente; ci aspetta il nostro primo tour in tutta italia e sarà una bella prova. Una volta rientrati potremo concentrarci al 100% su nuove idee per portare avanti il progetto. Qualche etichetta si sta facendo viva già da ora e la cosa non può che farci piacere, perché sarebbe bello poter contare su un sostegno per un eventuale prossimo lavoro.
 
Cosa possiamo aspettarci da questo tour, in partenza il 19 novembre da Seregno?
 
Il tour sarà l'occasione sia di ritrovare vecchi compagni di viaggio, sia di toccare nuovi palchi per farci sentire da un pubblico nuovo, e speriamo possa essere stimolante anche da questo punto di vista. Ci sarà ovviamente una nuova scaletta e non mancheranno novità anche al banchetto con una maglietta fresca fresca di stampa e il nuovo EP in vinile. Cosa aspettarsi? Forse anche per il tipo di musica che facciamo i live hanno sempre una buona dose di imprevedibilità legata al nostro stato d'animo, ed anche all'improvvisazione, cosa che sembra apprezzata dal nostro pubblico di "habitué", ai quali mandiamo un grosso abbraccione, per il sostegno che ci hanno dato finora.
 
 
A tutti i lettori di NightGuide: ci vediamo presto!
Trovate le date in programma sul sito www.fitzcataldo.com oppure sui social networks,
 
Stefano, Lorenzo e Claudio
 
 
 
 
 
 
 
 

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